Su Il Venerdì di Repubblica del 31 agosto ha debuttato la storia di Emilio e Stanley, con un lungo articolo firmato da Antonio Gnoli e corredato da numerose fotografie a colori.
Sembra incredibile che un uomo ombroso, incline al sospetto, pieno di fisime e di sfiducia nei riguardi del prossimo, abbia accolto e reso indispensabile alla propria vita una figura come quella di D’Alessandro. Eppure, a guardare le foto che li immortalano insieme, a leggere le memorie che D’Alessandro ha scritto, con l’aiuto sobrio e intelligente di Filippo Ulivieri (Stanley Kubrick e me, in uscita dal Saggiatore) si resta colpiti dall’intensità e dall’abnegazione con cui la relazione fu condotta. [...]
Il ritratto che egli ci fornisce di Kubrick è affettuoso, ma anche distaccato; circola nelle pagine un’ammirazione controllata, un bisogno di capire cosa è stato Kubrick al di là della leggenda, e fuori da quell’aneddotica che lo descrive come un regista furiosamente, ossessivamente, maniacalmente isolato dal resto del mondo. [...]
[Emilio] era il personaggio ideale di una favola unica che ha raccontato con devozione, rispetto e libertà. Senza gli ineleganti orpelli e gli improbabili dettagli che spesso decorano gli incontri straordinari.
Nello stesso numero, un editoriale di Filippo Ceccarelli mette in luce l’amicizia che legava Stanley ed Emilio.
Uno guarda quei due, a pagina 19, e pensa: ecco il ritratto dell’amicizia, ecco un incastro perfetto, ecco due uomini che non solo si vogliono bene, ma sono anche contenti di farlo sapere. [...]
Stanley Kubrick ed Emilio D’Alessandro, il genio visionario e l’uomo che si prendeva cura dei suoi spostamenti, il regista del sogno e l’autista tuttofare, l’arte dell’illuminazione e la pratica della conduzione, il trasporto dell’anima e quello del corpo. Sembrano due bambini felici a una festa di compleanno. [...]
Nessuno è più intimamente vicino agli spiriti creativi di colui che gli risolve le grane quotidiane e gli sbroglia la matassa dell’umana fragilità. [...] Ma poi nei fatti può divenire molto di più: difensore, confessore, consolatore, trascinatore. A riprova che la felicità, un po’ come la tristezza, non è mai un fatto interamente personale.
Di seguito, le scansioni delle pagine.